Le idee sono roba per chi se le può permettere
L’altro giorno, parlando del più e del meno con alcuni amici e quindi anche della crisi, come se ne esce, cosa manca all’Italia e altre chiacchiere da bar tipo queste, una frase mi ha lasciato il segno più delle altre.
Le idee sono roba per chi se le può permettere.
Ma non detta nel senso che la genialità è roba per pochi e che a loro va lasciata questa attività di alto profilo.
Qui il problema è ben più spiccio. Un vecchio adagio dice: si lavora e si fatica per il pane (et alter)
La frase è di una densità grandiosa quanto inquietante; e di una complessità pazzesca rispetto alla sua sintesi.
E’ il rovesciamento del cogito ergo sum.
Se uno deve “potersi permettere” le idee, è come dire che deve potersi permettere di “essere”. E se non se le può permettere, allora diviene un puro e semplice involucro privo d’essenza. E un involucro vuoto, la prima cosa che perde, è la libertà.
La cosa più inquietante è chiedersi se questa necessità di semplificazione sia qualcosa che non riguardi questo o quello in particolare ma, al giorno d’oggi, tutti noi, l’umanità.
Quando le idee diventano un lusso – o semplicemente vengono percepite come qualcosa di effimero – allora è ritorno al Medioevo.
Che può anche essere travestito di modernità.
La crisi svuota non solo i portafogli. Svuota le speranze, le aspirazioni, la voglia di costruire il futuro dovendo necessariamente pensare a come passare indenni il presente.
Il problema è che la crisi invece si batte proprio con queste aspirazioni, sogni e idee di un rinnovato futuro.